Quando il 21 di ottobre del 1984 François Truffaut è morto, il mondo era molto diverso rispetto a quello che ventisette anni potrebbero far credere. Ma il suo cinema continua ad essere una delle opere più imprescindibili per chi ama la settima arte.
Io avevo tredici anni in quell’anno, la stessa età di Antoine Doinel il personaggio di uno degli esordi cinematografici più dirompenti che la storia del cinema ricordi: I quattrocento colpi. Quel film, nel1959, rappresentò la nuova rinascita del cinema dopo quella ufficiale dei fratelli Lumiere; la Nouvelle Vague, Truffaut, Chabrol, Godard, Rohmer e tanti altri. Il cinema rinasceva perché prendeva finalmente consapevolezza della sua grandezza, non più arte di secondo piano ma meritevole di stare sullo stesso piano della letteratura o della pittura. Gli insegnamenti di quell’irripetibile stagione cinematografica (oltre all’esordio di Truffaut come non ricordare anche l’uscita, qualche mese dopo, di Fino all’ultimo respiro di Godard?), si allargarono con una velocità sorprendente dalla Francia a tutto il mondo cambiando profondamente il senso del segno cinematografico. Ci vorrebbe troppo spazio e tempo per parlarne in maniera sufficiente e non è questo il luogo ma un ricordo dell’autore più prestigioso di quel movimento è doveroso farlo.
Truffaut sta al cinema come Balzac o Dostoevskij stanno alla letteratura, credo che la formazione culturale (intesa come crescita dell’individuo) non possa ignorare il cinema dell’autore francese. Proprio quel personaggio di Antoine Doinel, riproposto successivamente in altri quattro titoli, che cresceva assieme a noi sia l’esempio più calzante a tal proposito. Per la prima volta al cinema un personaggio diventava adulto man mano che l’età del suo attore cresceva (il leggendario Jean Pierre Leaud) e, attraverso la sua crescita, noi spettatori prendevamo confidenza con il cinema. E con la vita.
Cominciai a vedere i suoi film a poco più di sedici anni e da allora non ho più smesso, ho imparato a conoscere me stesso attraverso la crescita di Antoine Doinel ad amare le donne attraverso gli sguardi di Catherine Deneuve (La mia droga si chiama Julie) e Fanny Ardant (La signora della porta accanto), a vivere il cinema come magia necessaria alla vita con Effetto notte. Con l’opera di Truffaut so di non essere abbastanza lucido nei giudizi, troppo intenso è il legame che mi tiene stretto ad ognuno dei suoi film; mi viene ancora difficile confrontarmi con qualcuno che non si sia emozionato con l’ultima straziante corsa verso il mare di Antoine Doinel alla fine dei Quattrocento colpi . E’ anche questo il bello di amare, non riuscire a spiegare perché le lacrime possono scendere all’improvviso. A Truffaut devo gran parte della mia formazione, sarei stato un’altra persona senza i suoi film, da tanto tempo non lo rivedo (necessariamente da adulti senti il bisogno di staccare da quelli che consideri come genitori), ma che emozione quando una persona di vent’anni mi dice di avere amato un suo film, tocchi con mano quanto l’arte sia capace di creare unione tra persone distanti per età e condizione sociale.
E’ passato un bel po’ da quando Truffaut ci ha lasciato ma non posso ancora fare a meno di ringraziarlo per quello che mi ha regalato.
Sergio
Sergio
con Truffaut e Godard ho scoperto il cinema ed ho iniziato ad amarlo visceralmente.
RispondiEliminaSono stati "il mio inizio" ,i miei maestri di vita, i miei punti di riferimento...e ancora stanno lì, nessuno è riuscito a scansarli e credo che nessuno ci riuscirà mai...per me sono il Cinema.
"Io per un film potrei piantare un uomo, ma per un uomo non pianterei mai un film." (Effetto notte)
Grazie Valeria, rappresenti perfettamente quella continuità alla quale mi riferivo...
RispondiEliminaChe belle parole Sergio!
RispondiEliminaImmagino come si sente Leaud ogni 21 ottobre. Truffau sarà stato come un padre per il piccolo (e poi grande) Doinel, se lo è cresciuto da quando era, praticamente, ancora in fasce. Dev'essere stato bello seguire la storia di Doinel nel corso degli anni, aspettando l'uscita del nuovo film al cinema, sentendo l'effetto del tempo. Io ho visto i quattro film praticamente nel giro di tre giorni. Una full immersion meravigliosa. Con L'amore a vent'anni credo che d'aver provato l'empatia più forte della mia vita nei confronti d'un personaggio cinematografico.
Poi, approfitto per nominare un titolo che non hai detto (d'altra parte sarebbe prolisso nominarli tutti) e che è nel mio cuore più di tanti altri: Jules et Jim. Non riesco bene a spiegare quanto profondamente questo film faccia parte della mia personalità.
Credo sia impossibile restarne indifferenti.. così come a tutto il cinema di Truffaut, e di quel periodo straordinario che è la Nouvelle Vague!
Grazie Robin... anche per te vale ciò che ho detto per Valeria.
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