venerdì 17 febbraio 2012

Hugo Cabret - Martin Scorsese



Probabilmente se questo film fosse stato girato da un altro regista lo avrei apprezzato di più, ma da Scorsese, che seguo e amo da sempre, non posso accettare un lavoro che non osa e che non sa che strada prendere. Va benissimo l’omaggio alla nascita del cinema e alla figura di Méliès, ma quando questo elogio si limita alla scopiazzatura delle pellicole dell’illusionista francese senza l’inserimento di un minimo di inventiva e senza mettere sé stessi nel proprio lavoro, possiamo davvero parlare di omaggio?
Non si riesce mai a capire quanto questo dono a Méliès e al suo cinema sia realmente sentito o sia buttato lì per far contenti gli addetti ai lavori e gli spettatori più pigri, quelli che si accontentano e si esaltano vedendo citazioni fini e sé stesse copiate minuziosamente dall’originale.
A questo Scorsese manca la vena emotiva, non riesce (o non vuole?) sporcarsi le mani come invece ha sempre fatto nei suoi precedenti lavori, con l'eccezione di Shutter Island; sembra nascosto dietro le pellicole di Méliès e pare si diletti(?) a ricreare quel mondo credendo di omaggiare il grande maestro. Mi dispiace dirlo, ma in questa pseudo riscrittura non riesce mai a far capire quali siano le sue vere intenzioni. E’ come se la dichiarazione d’amore al regista francese restasse a metà, sospesa tra il detto e il non detto.
E poi c’è un altro fattore fondamentale: l’accostamento di Scorsese a un cinema fatto di magia e illusioni, pregno di sogni e allucinazioni, capace di portarti in un mondo in cui la luna ha un razzo infilato in un occhio e gli scheletri si dissolvono tra il fumo e la nebbia; quanto questo avvicinamento è sentito? Quanto studiato e programmato? E quanto sincero?
Per un regista che ha sempre raccontato la strada, la criminalità, il degrado quotidiano, le psicosi e le nevrosi dell’uomo contemporaneo com’è possibile accostarsi alla soglia dei 70 anni ad un genere il più delle volte snobbato e considerato poco?!? Come può Scorsese dirci che il cinema è magia, illusione, è un sogno ad occhi aperti?!?
E’ anche vero che questo è un semplice omaggio a uno dei padri della settima arte e i discorsi di stile lasciano il tempo che trovano, ma il film dà sempre l’impressione di rimanere a metà strada, di voler dire di più ma di avere paura di farlo, di volere fare un tributo a Méliès ma di non sapere mai che strada prendere. Ed è così che iniziano le citazione, le scopiazzature e le ricostruzioni.
Scorsese vuole dirci che dopo un secolo la forza del cinema non è cambiata? Che ora come allora quest’arte continua a farci sognare e a illuderci? Che in fondo Mèliès è più attuale di quanto non si pensi? Altri si sono espressi meglio e continuano a raccontare quel mondo in maniera originale e personale non dimenticando mai il loro maestro; forse è meglio che il regista americano continui a parlarci della strada e del degrado cittadino e lasciasse i sogni e le illusioni ad altri. In fondo il buon vecchio Martin è stato sempre un lumèriano convinto e questa sferzata senile, che è comunque degna di rispetto, non sembra intaccare, fortunatamente, il suo passato e la sua meravigliosa filmografia.
Non è un caso le scena più bella e più commuovente del film sia l’ultima, quella in cui si susseguono frammenti di pellicole mélièsiane. Lì non c’è nulla di Scorsese, è puro Méliès.


E’ però giusto ricordare che il soggetto non è assolutamente originale, ma è tratto dal romanzo illustrato “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret” del autore americano Selzinick (che non ho né letto né visto).


Gustatevi il vero Méliès(è difficilissimo scegliere):
Il viaggio nella luna
la sirena

Valeria

1 commento:

  1. Da qualche anno il vecchio Scorsese mi fa rimpiangere ciò che fu nel passato (più o meno da quando si è convinto che Di Caprio sia un bravo attore). Quindi non mi stupisco che anche questo suo ultimo titolo possa essere negativo... peccato! Certo consolarsi con il vero Méliès non è roba da poco...

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