Non si contano più le lezioni di cinema che
arrivano negli ultimi anni dalla Romania. Possiamo affermare che, dopo la
grande novità del cinema iraniano e di quello coreano negli ultimi decenni del
secolo scorso, sia ormai la Romania il paese che è riuscito a tradurre il reale
contemporaneo in opere cinematografiche di grandissimo spessore come
probabilmente nessuna altra scuola mondiale attualmente realizza.
Un altro grande
film, orso d’oro a Berlino 2013, quello di Calin Peter Netzer “Il caso Kerenes”. Riuscire a coniugare
in un’opera cinematografica il piano privato a quello pubblico non è mai
impresa facile. Riuscire a farlo parlando di un paese pieno di contraddizioni e
di ancora fresca nascita “democratica” come la Romania è, probabilmente, ancora
più complicato.
Calin Netzer racconta una storia semplice pur se calata in una dimensione dolorosa. Una famiglia
dell’alta borghesia romena, vive la quotidianità in maniera non molto dissimile
da quell’occidente europeo per anni desiderato. Tra infedeltà coniugali più o
meno velate, intrallazzi politico economici che sono vissuti come la norma e
feste dove trionfa il kitsch, si fatica a credere che la Romania (o almeno una
sua parte) sia riuscita ad integrare in così pochi anni, il peggio della sotto
cultura che noi italiani siamo riusciti ad esportare. Probabilmente non è
neanche un caso che la musica che i personaggi del film ascoltano è sempre
italiana a riprova di una colonizzazione dell’immaginario che ha dato i suoi
tristi risultati. In mezzo a questa amena
quotidianità deflagra un giorno la tragedia; un ragazzino di quattordici
anni viene investito ed ucciso dal figlio di una delle protagoniste del film.
Inizia allora lo squallore dei tentativi della famiglia per evitare la condanna
del figlio, testimonianze finte, tentativi di corruzione verso i poliziotti che
si occupano del caso e discesa in campo di tutte le possibili amicizie
influenti. In un trionfo di cinismo non rimane più un briciolo di umanità in
personaggi che si muovono come robot. Ma il dolore è un sentimento troppo forte
per essere nascosto a lungo. La tragedia del povero ragazzo entra gradualmente
nelle vite di plastica dei protagonisti fino a costringerli a fare i conti con
dei sentimenti nuovi. Il dovere delle scuse alla famiglia vittima della
tragedia, da fastidioso impegno necessario a preservare da pericolose denunce,
diventa il confronto tra due culture del paese, quella rimasta ancorata a
valori semplici ma inattaccabili come la dignità e l’onestà e quella che invece
ha perso la propria anima nella rincorsa a quei valori posticci riflessi da un
occidente malato attraverso (probabilmente) gli schermi televisivi.
Netzer riesce a fare grande cinema senza usare grandi
mezzi produttivi. Un cinema fatto di idee, di poesia, di sensibilità. Pieno di
tutti quegli ingredienti di cui il cinema italiano era ricco fino a qualche
decennio fa. Il cinema rumeno ci da una lezione morale, quasi rosselliniana
nella sua intransigenza. A noi non resta che guardarlo con ammirazione e
sperare che possa portare i suoi frutti anche in una cinematografia nostrana
insopportabilmente piena di grandi tecnici e pochissimi narratori.
Sergio
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