Quando vai a vedere un film di Ken Loach sembra quasi di
prepararsi per andare a trovare dei vecchi amici. Quelli con cui sei cresciuto,
che conoscono tutto di te e non ti fanno stare a disagio anche se comunichi
loro le tue debolezze più grandi.
Se il fatto di sapere già prima cosa aspettarti è un
limite per molti autori cinematografici, per altri (ben pochi per la verità) diventa
un motivo di vanto. La differenza tra l’essere ripetitivo e l’essere coerente
con la propria idea di cinema (e di società) è quella che passa tra i grandi
autori e i mestieranti dalle emozioni a un tanto al chilo.
Registi come Ken Loach e, per rimanere tra i
contemporanei, David Cronenberg e Aki Kaurismaki fanno della fedeltà ai loro
valori di vita un punto di partenza imprescindibile per i loro soggetti
cinematografici. Guardi le loro opere e ti accorgi che ogni volta aggiungono un
capitolo a un libro che messo assieme forma la loro personalissima recherche proustiana.
Con La parte degli
angeli Loach ci regala una nuova grande opera ambientata nelle sue adorate
periferie urbane (questa volta siamo a Glasgow) e popolata ovviamente da anti
eroi, da personaggi che con la vita hanno solo fatto a pugni e con i quali la
società non sa bene come comportarsi (bellissima la scena iniziale con la
sequenza velocissima di processi al tribunale). Per Robbie, il protagonista del
film, però è un periodo speciale, sta per nascere il suo primo figlio e la
forza che da solo non riesce a trovare, la scopre in dosi straordinarie in un
piccolo essere umano, l’unico che sembra dargli ancora un po’ di fiducia e regalargli quella seconda possibilità di cui
ha bisogno. Ma questa nuova possibilità Robbie deve costruirsela da solo e per
farlo ha bisogno di un nuovo colpo. Ma non un colpo pericoloso, una di quelle
azioni per cui inizieresti ad odiare il protagonista. Un colpo quasi poetico
nel suo essere surreale, riuscire ad estrarre qualche bottiglia di whisky da
una botte quotata a prezzi folli per poterle poi rivendere a ricchi
collezionisti. La parte degli angeli corrisponde alla percentuale di
evaporazione nel processo di maturazione del whisky (circa il 2% del totale),
all’incirca quella che Robbie e i suoi amici tenteranno di estrarre dalla
botte.
Nelle storie di Loach, anche quelle più drammatiche, non
ci si dimentica mai di sorridere. Se sai che la rinascita può avvenire solo da
una presa di coscienza seria del reale e che ribellarsi contro una società
sbagliata diventa l’unico modo per ritornare ad essere vivo, la solidarietà
degli amici la trovi sempre. E l’amicizia per Loach è qualcosa di
straordinariamente importante perché anche grazie a loro riesci a trovare
il tempo per sorridere alla vita. Dei film di Loach scopro sempre di averne un
bisogno quasi fisiologico, anche quando non sono perfetti. Nella vita probabilmente
nulla lo è, però le sue storie sono vere, sincere e ti danno quella forza che
ti serve ad andare ancora un altro poco avanti, fino al prossimo film, alla
prossima uscita con gli amici o al prossimo sorriso del tuo bambino.
Sergio
Nessun commento:
Posta un commento