martedì 22 aprile 2014

La parte degli angeli - Ken Loach



Quando vai a vedere un film di Ken Loach sembra quasi di prepararsi per andare a trovare dei vecchi amici. Quelli con cui sei cresciuto, che conoscono tutto di te e non ti fanno stare a disagio anche se comunichi loro le tue debolezze più grandi.
Se il fatto di sapere già prima cosa aspettarti è un limite per molti autori cinematografici, per altri (ben pochi per la verità) diventa un motivo di vanto. La differenza tra l’essere ripetitivo e l’essere coerente con la propria idea di cinema (e di società) è quella che passa tra i grandi autori e i mestieranti dalle emozioni a un tanto al chilo.
Registi come Ken Loach e, per rimanere tra i contemporanei, David Cronenberg e Aki Kaurismaki fanno della fedeltà ai loro valori di vita un punto di partenza imprescindibile per i loro soggetti cinematografici. Guardi le loro opere e ti accorgi che ogni volta aggiungono un capitolo a un libro che messo assieme forma la loro personalissima recherche proustiana.
Con La parte degli angeli Loach ci regala una nuova grande opera ambientata nelle sue adorate periferie urbane (questa volta siamo a Glasgow) e popolata ovviamente da anti eroi, da personaggi che con la vita hanno solo fatto a pugni e con i quali la società non sa bene come comportarsi (bellissima la scena iniziale con la sequenza velocissima di processi al tribunale). Per Robbie, il protagonista del film, però è un periodo speciale, sta per nascere il suo primo figlio e la forza che da solo non riesce a trovare, la scopre in dosi straordinarie in un piccolo essere umano, l’unico che sembra dargli ancora un po’ di fiducia  e regalargli quella seconda possibilità di cui ha bisogno. Ma questa nuova possibilità Robbie deve costruirsela da solo e per farlo ha bisogno di un nuovo colpo. Ma non un colpo pericoloso, una di quelle azioni per cui inizieresti ad odiare il protagonista. Un colpo quasi poetico nel suo essere surreale, riuscire ad estrarre qualche bottiglia di whisky da una botte quotata a prezzi folli per poterle poi rivendere a ricchi collezionisti. La parte degli angeli corrisponde alla percentuale di evaporazione nel processo di maturazione del whisky (circa il 2% del totale), all’incirca quella che Robbie e i suoi amici tenteranno di estrarre dalla botte.

Nelle storie di Loach, anche quelle più drammatiche, non ci si dimentica mai di sorridere. Se sai che la rinascita può avvenire solo da una presa di coscienza seria del reale e che ribellarsi contro una società sbagliata diventa l’unico modo per ritornare ad essere vivo, la solidarietà degli amici la trovi sempre. E l’amicizia per Loach è qualcosa di straordinariamente importante perché anche grazie a loro riesci a trovare il tempo per sorridere alla vita. Dei film di Loach scopro sempre di averne un bisogno quasi fisiologico, anche quando non sono perfetti. Nella vita probabilmente nulla lo è, però le sue storie sono vere, sincere e ti danno quella forza che ti serve ad andare ancora un altro poco avanti, fino al prossimo film, alla prossima uscita con gli amici o al prossimo sorriso del tuo bambino.

Sergio

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