Guardare il cinema
di Aki Kaurismaki è sempre stato per me un ottimo antidoto contro il cinismo e
lo scoramento crescente che inesorabilmente con l’età aumenta. Il regista
finlandese è uno dei pochissimi autori viventi a conservare una coerenza etica
mai mutata nel corso degli anni diventando piuttosto con il trascorrere del
tempo sempre più pura e intransigente.
I personaggi
dei suoi film sono sempre gli ultimi della società, emarginati dal mondo che
prende le decisioni anche per loro. Il male raramente si materializza come una
figura umana (Kaurismaki raramente filma personaggi negativi), il male è la
società, la sua struttura economica. Contro questo stato di cose possiamo
contrapporre solo la profonda umanità degli ultimi, di quei personaggi
fiabeschi che nascono dallo sguardo della sua magica macchina da presa.
Il suo ultimo
film “Miracolo a Le Havre” è l’ennesima
galleria di personaggi “fuori” dal mondo. Un lustracarpe ambulante (quanti ne
esistono ancora in giro?), un ragazzino africano clandestino e senza documenti
che sbarca per caso nella cittadina francese con la speranza di raggiungere
Londra per ricongiungersi con la madre, un cane Laika che non fa nulla di
speciale (non come quelli hollywoodiani…) ma è presente per fare compagnia
quando c’è bisogno. A parte qualche brevissimo primo piano di un cattivissimo
Jean Pierre Leaud (che emozione per tutti i truffautiani come me ogni volta che
vedo il suo volto…), i personaggi negativi non si vedono mai. A volte si
sentono ma sempre fuori campo. Kaurismaki invece non abbandona mai i suoi protagonisti,
li segue continuamente con una tenerezza e un rispetto altissimo. Mai nessuna
scena patetica nei suoi film, sempre una dignità totale da parte di ognuno dei
suoi personaggi. “Hai pianto?” chiede
ad un certo punto il lustrascarpe Marcel al ragazzino africano che ha rischiato
di essere trovato dalla polizia, “No”
risponde Idrissa. “Hai fatto bene,non
sarebbe servito a niente” ribatte Marcel. In questo breve scambio troviamo
il Kaurismaki più profondo quello che ci insegna ad andare sempre avanti in
ogni situazione e sempre con la forza della dignità. Solo così possiamo
realizzare i miracoli, magari non sempre, più probabilmente molto raramente, ma
sempre con la consapevolezza del nostro essere profondamente umani. Capaci di
emozionarci sempre ma senza lacrime come ci ricorda lo sguardo del cagnolino
Laika ogni volta che la storia prende una brutta china.
Del cinema di
Kaurismaki abbiamo un enorme bisogno, non avrà purtroppo mai un grande seguito
con le sue storie minime e i suoi personaggi ai margini ma è una delle ultime
barriere etiche e culturali che possediamo e che dobbiamo tenerci stretto.
Sergio
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