mercoledì 25 gennaio 2012

In memoria di Theo Angelopoulos


Theo Angelopoulos ci ha lasciato ieri sera, in una notte invernale di Atene, dopo essere stato investito da una moto lungo le strade della capitale greca. Che destino beffardo pensavo ieri sera, mentre la malinconia e i ricordi che mi legavano al suo cinema, facevano capolino nella mia mente: la velocità di un bolide strappava alla vita  un artista che faceva della dilatazione temporale il suo marchio autoriale. Colui che della lentezza (ma di quella alta,nobilissima) faceva un vanto era stato portato via in una carrellata di pochi secondi a molti chilometri all’ora.
E’ triste pensare che non mi potrò più fare quei lunghi dialoghi a distanza con questo autore che molto ha dato agli appassionati di cinema. Cinema puro, senza compromessi, che tanto donava ma che tanto richiedeva. Andare a vedere un suo film era un po’ una sfida. Ai titoli di testa lo temevo un po’ ma, quasi sempre, al primo piano sequenza venivo conquistato da questo incredibile poeta delle immagini. Delle volte, soprattutto negli ultimi film, mi faceva arrabbiare perché caricava le sue sceneggiature di una poesia francamente superflua sopra delle immagini di per sé bastevoli. Ma era un confronto che in ogni caso ti faceva crescere.
Vidi il suo primo film nel 1989, era Paesaggio nella nebbia, avevo appena compiuto diciotto anni ed era il primo esame di maturità che l’arte cinematografica mi sottoponeva a un livello così profondo. La forza di quelle immagini non mi ha più lasciato e la scena di quella ragazzina che scende, con il volto triste, da un tir dove un selvaggio aveva probabilmente abusato di lei, si scolpì nella mia mente per sempre. Nessuna violenza gratuita nelle immagini solo una compassione incredibile nel riprendere discretamente il volto segnato di quell’adolescente. Fu la sua prima grande lezione morale. Un’estetica dello sguardo che non ha bisogno di sangue e urla per entrarti dentro. Dopo quel film cominciò la ricerca (in quegli anni per niente facile) dei suoi film. Ogni volta che ne trovavo uno era una conquista che riuscivo a dividere con pochi compagni universitari che con me condividevano questa passione. Scoprì dei capolavori grandiosi, dal suo primo film Ricostruzione di un delitto, a La recita, da I giorni del ’36 ad Alessandro il grande. Ogni suo titolo richiederebbe molto tempo per essere seriamente discusso. Dopo ogni suo film aumentava l’amore per una terra, la Grecia, che conoscevo poco. Per la prima volta non vedevo una Grecia da cartolina, quelle delle isole e del mare o, al massimo, del Partenone, ma vedevo una terra aspra, la Grecia delle montagne e di un popolo eternamente ferito ma sempre pieno di forza e di orgoglio. Fu grazie ad Angelopoulos che decisi di scegliere lo studio del greco moderno all’Università. Lo feci solo per un anno purtroppo e non mi rimase moltissimo a livello linguistico (se non la capacità di leggere i titoli dei suoi film in originale…) ma mi ha permesso di capire un po’ meglio quella cultura, spalancandomi le porte verso la conoscenza di autori fino ad allora sconosciuti come Kavafis o Ioannu.
Di questo e di tanto altro sono grato a Theo Angelopoulos e oggi sono molto triste nel dovere dire, per l’ultima volta, ciao Theo e che lieve ti sia la terra.

Sergio

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