Quando si
parla di cinema politico in Italia ci si riferisce quasi sempre alla stagione d’oro
degli anni Sessanta e Settanta con i riferimenti alle opere (sicuramente
imprescindibili) di Francesco Rosi e Elio Petri. Negli ultimi anni è
sicuramente arduo trovare i corrispettivi ad autori simili ma pensare che la
stagione del cinema civile sia relegata soltanto al passato non credo sia vero.
La visione di Romanzo di una strage di
MarcoTullio Giordana conforta ancora più questo mio pensiero. Giordana non è nuovo
a riletture di momenti molto importanti della storia italiana, dal delitto di
Pasolini in “Pasolini, un delitto
italiano” del 1995 alla storia di Peppino Impastato nel (giustamente)
celebre “I cento passi” del 2000. Con
Romanzo di una strage i fatti di
Piazza Fontana vengono finalmente fissati in una pellicola di alto valore. Si
parla della strage milanese del 12 dicembre 1969 alla Banca dell’Agricoltura
che fece 14 vittime e che molti mettono come momento iniziale di quella strategia
della tensione che portò l’Italia in un incubo mai del tutto finito (anche perché
non si è mai arrivati a conclusioni giudiziarie che abbiano fatto piena luce
sugli eventi). Giordana ricostruisce il clima di quegli anni con una passione e
una lucidità rari nel nostro cinema, un paese in bilico tra rivendicazioni
operaie e tentativi autoritari, tra tentativi utopistici per una società
migliore e lucidissime strategie per mantenere lo status quo e piuttosto
cercare di peggiorarlo. Sappiamo purtroppo cosa ci hanno lasciato in eredità
quegli anni, centinaia di morti senza giustizia e la consapevolezza
(tristissima) che strutture organiche allo Stato in perfetta simbiosi con gli
ambienti di estrema destra hanno concorso a far sì che il nostro Paese restasse
ancorato a strutture di sfruttamento ancora oggi pienamente visibili e anzi
sempre più duri in periodi di recessione come questo.
Siamo purtroppo
i figli di Piazza Fontana, di una strage per ampi versi perfettamente spiegabile da
parte di chi abbia voglia di studiarla e anche per questo Giordana ha un grande
merito, quello di permetterci uno sguardo d’insieme che abbraccia il nostro paese
dalla fine degli anni Sessanta a quello che siamo diventati oggi. Mentre vedevo
questo film mi è capitato di ripensare a un’altra importante opera
cinematografica: Segreti di stato di
Paolo Benvenuti del 2003, ricostruzione magistrale della, probabilmente, prima strage di stato, quella di Portella
della Ginestra. L’Italia repubblicana è stata sin dall’inizio attraversata da
scoppi di bombe che miravano a bloccare il cambiamento. Il cinema italiano ha
sempre avuto tantissimi elementi sui quali lavorare e non sempre lo ha fatto
nella maniera dovuta ma film come Romanzo di una strage ci permettono perlomeno
di non dimenticare, “prima di non accorgerci più di niente” come diceva Peppino
Impastato.
Nel film di
Giordana è inoltre importante segnalare una straordinaria prova d’attore di
Pierfrancesco Favino che interpreta in maniera magistrale il ruolo di Pinelli,
l’anarchico fatto suicidare qualche
giorno dopo la strage negli uffici della polizia di Milano dopo tre giorni di
interrogatori.
Mi
piacerebbe un giorno realizzare una rassegna di cinema italiano che parli della
nostra storia degli ultimi settant’anni, che parta da Roma città aperta, quello che mi piace pensare come il primo film politico italiano e attraverso Le mani sulla città di Rosi, Todo Modo di Petri, Segreti di stato di Benvenuti giunga fino a questo Romanzo di una strage. Il giorno che
anche nelle nostre scuole si faranno vedere questi film forse ci potremmo
permettere di crescere una generazione un po’ più attenta alla nostra storia e quindi
capace di diradare meglio il continuo fumo (più o meno consapevole) che ci
arriva quotidianamente davanti agli
occhi.
Sergio