mercoledì 6 luglio 2011

Dziga Vertov - L'Uomo con la macchina da presa

“Basta con le marce, futuristi,
un balzo nel futuro […]
Basta con le verità da un soldo.
Ripulisci il cuore dal vecchiume.
Le strade sono i nostri pennelli.
Le piazze le nostre tavolozze.
Non sono stati celebrati
dalle mille pagine del libro del tempo
i giorni della rivoluzione!
Nelle strade, futuristi,
tamburini, e poeti!”

[Vladimir Majakovskij, da “Ordine all’esercito delle Arti”, 1918]



Grandi sono i sogni e le speranze dei futuristi russi di quegli anni, che vedono nella rivoluzione bolscevica e nella nascita dell’Unione Sovietica il passo verso quello noto come “il Radioso Avvenire”. Così come Majakovskij nella poesia e nella pittura, Dziga Vertov, e altri grandi e noti cineasti, compivano le loro ricerche e le loro sperimentazioni in campo cinematografico, supportati da quello che era il nuovo governo.
Il Cinema, tra tutte le Arti, è sicuramente la più importante” [V.I. Lenin]
Non soltanto regista, ma soprattutto teorico del cinema, Dziga Vertov condensa le sue ricerche e le sue idee in questo grande e indiscusso capolavoro.
Siamo nel 1929, già il mondo ha conosciuto svariati maestri che hanno rivoluzionato il cinema, che ne hanno fatto un’arte e che ne hanno dimostrato gli innumerevoli potenziali.
Oltre oceano, negli Stati Uniti, erano già sorti i primi magnati che si erano accorti di quanto si potesse guadagnare sfruttando il cinema, e già cominciava a prendere piede l’industria hollywoodiana. La Germania ci offriva ancora per pochi anni talenti del calibro di Murnau e Lang, mentre in Italia già aveva preso piede l’Istituto Luce e il cinema di propaganda.
In Russia, negli anni della rivoluzione (1917-1921), ci fu un vero e proprio “arruolamento” di artisti.
Persone come Ejzenshtejn, Pudovkin, Kuleshov, Dovzenko, Vertov, Tissé, formarono il Comitato del Cinema e fondarono a Mosca una “Scuola d’Arte Cinematografica”; la prima al mondo.
Il cinema diventava un'arma a servizio della rivoluzione, era un mezzo a servizio delle masse, che doveva contribuire all’acculturazione del paese.
Per circa un quarto di secolo, lo Stato sovietico rimase il solo al mondo a non considerare il suo cinema come un'industria sottomessa alle leggi del profitto.
E’ un periodo di esplosione artistica, i capolavori si contano a decine. Ma come tutti i periodi d’oro, ha vita corta.
Con la stabilizzazione del potere e l’avvento del totalitarismo staliniano, le cose cambiarono presto.
L’uomo con la macchina da presa” è uno degli ultimi capolavori dell’era d’oro del cinema sovietico. Vertov ha condotto con maestria un bellissimo esperimento cinematografico: per la prima volta nella storia, girava un film muto senza didascalie. Solo immagini. Comprensibile in ogni parte del globo, sia da intellettuali, che da analfabeti. Un film per tutti.
Che cosa racconta? Non so dare miglior risposta che “la vita vissuta”.
Vertov va in giro per le strade di Mosca, e riprende le persone, cosa fanno, dove vanno a lavorare, dove a svagarsi. Come vivono insomma. “Spia” le loro vite attraverso “l’occhio” della macchina da presa.
Niente attori, ma vita vera, uomini e donne vere. Microstrorie di vita vissuta del 1929 unite dal filo conduttore di un cineoperatore che va in giro con questa macchina da presa a riprendere tutti.
Dziga Vertov pone il cinema come arte della vita. Facendo tesoro degli esperimenti di montaggio del collega Ejzenshtejn, fu tra i primi a comprendere con quanta facilità si potesse distorcere la realtà a fini ideologici, ma a generare comunque poesia.

A neanche un anno dall’uscita del film, sconvolto dai sogni infranti e soffocato dalla censura, si suicidava Vladimir Majakovskij,  icona intellettuale della rivoluzione bolscevica.
L’evento sconvolse il paese, dal primo all’ultimo cittadino (o “compagno”, se vogliamo adeguarci alla terminologia del tempo).
Per gli intellettuali non si trattava solo della pesante perdita di un amico, ma anche di un monito che annunciava che le cose stavano cambiando in maniera drastica e terrificante. Gli eventi della storia, ne diedero conferma.
A partire dal 1930, tra l’avvento del sonoro da un lato, e la soffocante censura staliniana dall’altro, anche i più grandi registi furono costretti a girare film di propaganda, noiosi, retorici, e ripetitivi all’inverosimile. Si prendano ad esempio Aleksandr Nevskij di Ejzenshtejn, o Ninnananna di Vertov, film che conservano il tocco da maestro, ma in cui si percepisce un’invadente presenza esterna, che costringe il regista a usare il proprio genio per comunicare messaggi che non condivide.
Il geni rimangono, e continuano a lavorare (anche perché se non l’avessero fatto con ogni probabilità sarebbero stati ammazzati o deportati nei gulag) ma i capolavori sono ormai parte di un passato da sognatori, che resterà solo in pellicola.
Il cinema non era più a servizio delle masse, ma a servizio del culto della personalità del dittatore.
Per tornare a regalarci capolavori, l’Unione Sovietica dovrà aspettare la morte di Stalin, nel 1953.
Con l’uscita postuma nel 1958 della seconda parte dell’Ivan il Terribile di Ejzenshtejn, il regista riscattava la sua memoria di genio del cinema, e l’Unione Sovietica si preparava a entrare nel decennio degli anni ’60, dove giovani cineasti sovietici, influenzati sicuramente dalla dirompente Nouvelle Vague francese, cominciarono a produrre dei capolavori d’inestimabile valore artistico, rendendo onore ai connazionali geni del passato come Dziga Vertov.

Robin

2 commenti:

  1. Da giovane studente universitario ci si passava le videocassette di dziga vertov con la stessa cura con cui si poteva maneggiare materiale radioattivo talmente difficile era procurarsi questi titoli... oggi per fortuna sono film più facili da reperire ma rimane lo stupore e l'ammirazione di fronte a capolavori come questo. Bravo Robin!

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  2. Gran bella recensione, Robin... all'ottimo excursus che hai inserito aggiungo solo che il suicidio di Majakovskij portò, se si può dire così, almeno una cosa positiva: Stalin si accorse del preoccupante fenomeno e decise di telefonare a Bulgakov prima che questo facesse qualcosa di simile al poeta...

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