giovedì 2 giugno 2011

Jean Renoir - Una gita in campagna


“Une partie de campagne è il poema di come si può amare alle tre del pomeriggio, forse per un attimo solo, forse per tutta la vita…”

Non mi piace pensare che il cinema si vada sempre più infilando in labirinti tecnologici dove l’emozione ti è permessa solo con gli occhialini 3D, non mi piace che il raccontare storie possa essere visto come di secondaria importanza rispetto a come esse vengono presentate dal punto di vista tecnico. Ho come una brutta sensazione che il virtuosismo e gli effetti speciali stiano peggiorando il cinema. Per questo ogni tanto mi piace rituffarmi tra le vecchie pellicole in bianco e nero, per risentire di nuovo il sapore delle emozioni vere, naturali e non drogate dalle post produzioni digitali.
Une partie de campagne (Una gita in campagna) di Jean Renoir fu girato in poche settimane nell’estate del 1936, rimase incompiuto per varie vicissitudini, ma nel 1946 venne montato dalla moglie del regista e presentato finalmente al pubblico. Nonostante l’incompiutezza, il dizionario britannico dei film “Time out” lo inserisce tra i 100 migliori film di sempre. Un giudizio assolutamente meritato. La storia è minima, tratta da una novella di Maupassant: una famiglia parigina, marito, moglie, suocera, figlia e futuro genero decidono di trascorrere una giornata in campagna tra déjeuner sur l’herbe e passeggiate romantiche lungo il fiume; due giovani del posto sono attratti dalle donne di città e iniziano il corteggiamento… Cosa rende una storia così semplice un capolavoro? Certo il nome di Renoir è già una garanzia sufficiente se poi aggiungiamo che i suoi assistenti sono Luchino Visconti e Jacques Becker e il direttore della fotografia è Henri Cartier-Bresson allora diventa tutto più chiaro. Le immagini sono talmente belle che sembrano uscite dal pennello del padre del regista (il grande Auguste Renoir). Come se Jean Renoir avesse deciso di farci vedere i luoghi reali che suo padre prediligeva come soggetto dei suoi quadri e a ciò aggiunga la magica grazia del movimento dei corpi, lo stridore tra il fascino della natura e la precarietà dell’essere umano. E’ una piccola storia ma dentro c’è così tanto dell’animo umano da riscoprire ad ogni visione nuovi particolari. Quanti registi, nei decenni successivi, si sono formati con queste immagini e quanta rabbia nel pensare che questi film non passano mai in televisione se non in qualche rarissima apparizione notturna. Ma in fondo è destino di chi ama il cinema essere come i cercatori di tartufi, costantemente alla ricerca…



Sergio

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