Dopo aver visto la trilogia della vendetta (in particolar modo il secondo e il terzo: “Old Boy” e “Sympathy for Lady Vengeance”) viene da aspettare il momento giusto per vedere un altro film di Park Chan-Wook. La violenza, sia delle immagini che dei concetti, di quei film è stata come un pugno nello stomaco, durata per un bel paio d’ore.
Questo lavoro, uscito a solo un anno di distanza da Lady Vengeance, non manca di scene intense allo stile Chan-wookiano, ma trasmette anche una tenerezza incredibile, capace anche di fare inumidire un po’ gli occhi.
Il film è ambientato quasi per intero all’interno di una clinica psichiatrica. La protagonista, Young-goon è convinta di essere un cyborg. Parla con la radio, coi neon, coi distributori automatici ed è debolissima in quanto è convinta che mangiare potrebbe danneggiare il suo sistema cibernetico. Si nutre solo leccando delle pile, che, a modo suo, la ricaricano di energia.
Il-sun, un paziente che ruba tutto (incluso anima e comportamento altrui) perché è convinto che se non lo facesse potrebbe scomparire, si affeziona a lei e riesce ad aiutarla molto più di quanto ne siano capaci i medici.
Intubata e costretta a mangiare a forza a causa delle sue degeneranti condizioni, Young-goon viene salvata da questo ragazzo, che le dice di aver inventato un convertitore cibo in energia elettrica. Solo così lei si convince a mangiare. (Bellissima la scena in cui lui finge di installargli il dispositivo nella schiena)
Una storia d’amore tra due malati mentali trattata con grandissima cura. Il regista riesce ad approfondire le cause della malattia mentale di lei, radicata nel suo rapporto con la nonna, convinta di essere un topo.
Durante tutto il film, la nonna ha un ruolo primario. Spesso appare a Young-goon dicendole “lo scopo della tua esistenza è…” e non completa mai la frase, fino alla fine del film.
Anche il ruolo degli altri malati mentali è curatissimo, da una donna che inventa storie per sostituire i ricordi cancellati dalle sedute di elettroshock, alla paziente convinta di aver inventato delle calze volanti, a un altro che è divorato dal senso di colpa e chiede scusa in continuazione a tutti, etc..
Un film che vale assolutamente la pena vedere. Park Chan-Wook non delude.
Non vedo l’ora di vedere il suo ultimo “Thirst”, uscito nel 2009.
Robin
Un Park Chan Wook che si reinventa, passando dai picchi di violenza della trilogia della vendetta a una tenera storia d'amore tra le mura di uno strambo manicomio. Il tutto con la forza immaginifica che lo contraddistingue.
RispondiEliminaPiccola grande gemma.
Rez
che film: fuori da ogni logica, surrealista, figlio di una mente dalla creatività stordente, park ha il piglio dei grandi registi e le intuizioni di un genio, dopo la trilogia uno dei più bei film sottovalutati di tutti i tempi
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