giovedì 2 giugno 2011

Max Ophuls - Tutto finisce all'alba


Quando negli anni Cinquanta Francois Truffaut, ancora solo critico terribile dei Cahiers, prese la macchina per fare un lungo viaggio da Parigi fino alla Germania, si sentiva emozionato come poche volte gli era capitato in passato… andava a trovare uno dei registi che più amava, uno di quelli che quando mette in moto la macchina da presa riesce a restituirti le emozioni che una vita carica di stanchezza spesso non riesce più a darti. Andava ad intervistare Max Ophuls, uno dei più grandi registi europei del secolo scorso. Ebreo tedesco costretto a girare mezzo mondo per realizzare le sue opere e che anche nelle condizioni più difficoltose riusciva ad imprimere ai suoi film un tono maestoso e lirico. Non temeva di spingere a fondo il tasto del melodramma, la materia che in chiunque altro scadeva in patetismo estetizzante, in Ophuls diventava un trattato sui sentimenti umani degni di un Goethe prestato al cinema.
Succede così anche nel suo film del 1939 Tutto finisce all’alba (Sans lendemain) dove un pretesto abusato al cinema, quello di una donna che per riscattare la propria vita agli occhi del suo primo e unico amore decide di rischiare tutto ciò che ha, riesce a portarti in un universo di riflessioni sulla forza dell’amore, sulla capacità di abbandonarsi alle proprie illusioni anche quando sei consapevole che non porteranno a nulla. Edwige Feullière riesce a dare al proprio personaggio una forza carica di un dolore lancinante, la macchina da presa di Ophuls sembra danzare tanto è leggera e discreta. Anticipando temi che verranno approfonditi negli anni successivi, con capolavori come La ronde e Le plaisir, questo ritratto di una donna perduta merita di stare tra le vette più alte del cinema europeo di prima della guerra. In Ophuls sembrano sommarsi gli aspetti più riusciti del cinema di Jean Renoir e Marcel Carné, il realismo poetico a un livello ancora più alto, tanto alto da darti i capogiri… da renderti completamente senza forze quando, verso la fine del film, il personaggio di Evelyn dice seduta in un vecchio bar immerso nella nebbia. “Deve essere bello perdersi nella nebbia e scomparire, senza vedere nulla, senza ascoltare, senza pensare…”




Sergio

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