sabato 9 luglio 2011

L'illusionista - Sylvain Chomet



Ed ecco che, a quasi trent’anni dalla sua morte, il mito e la magia di Tati ritorna a vivere attraverso questo delicato e raffinato omaggio al maestro francese.



“I maghi non esistono”

E così che si chiude il secondo lungometraggio dell’animatore e registra francese Sylvain Chomet, tratto da una sceneggiatura, mai divenuta film, del magico e strabiliante Jacques Tati.
L’intera opera, però, rovescia il messaggio di questo amaro e poetico finale: la magia esiste, ci circonda, illumina le nostre vite e l’accoppiata Chomet-Tati ne è la prova.
Chomet,infatti, rievoca e ricrea, sempre con grande riservatezza, cortesia e rispetto, quella dolce e leggera comicità fatta di mimica facciale e movimenti corporei, in cui la parola è bisbigliata e serve da contorno; un maestro di garbata e contenuta comicità,Tati, capace di raccontare con un linguaggio essenzialmente visivo, mimico e delicato la società francese nel suo divenire dinamica, meccanica, tecnologia e dominata dal mito del consumismo.
Un capolavoro di poesia e leggerezza, con uno Chomet , quasi a non considerarsi all’altezza, che rimane dietro le quinte lasciando Tati padrone della scena, muovendone i fili con estrema delicatezza e amorevole rispetto.
In una storia che parla di crescita individuale, ma anche di degrado e di impoverimento intellettuale in una società poco propensa a considerare l’arte un veicolo di crescita spirituale.
Un mondo interessato al progresso, alle novità tecnologiche che ha dimenticato cosa vuol dire sognare, viaggiare e volare sulle ali della magia, che non vuole più perdersi nei meandri della forza  illusoria dei prestigiatori, degli illusionisti e dei giocolieri; ma anche un film sul divenire adulti, sull’abbandono della propria anima più bambinesca e candida, sulla progressiva integrazione nell’ordinamento sociale e l’accettazione delle sue regole e convenzioni.

Il nostro illusionista-monsieur Hulot comprende quando è il caso di farsi da parte, quando è il caso di chiudere il sipario. Salutare una società troppo adulta, non pronta ad accogliere le sue magie, le sue illusioni, come la giovane Alice che cresce, si integra, trova l’amore e viene spogliata da tutte le sue illusioni comprendendo che i maghi non esistono ma solo per chi ha deciso di crescere e per il mondo contemporaneo. E allora monsieur Tati è costretto a vagare, a vagabondare, con il suo ombrello, la sua pipa, il suo cappello e il suo impermeabile alla ricerca di un mondo infantile, candido, inesperto, curioso e capace di guardare con occhi vogliosi di sapere e  conoscenza. Capace di incantarsi, sorprendersi e meravigliarsi di fronte ad un cilindro ed un coniglio, pronto ad essere soggiogato dalla forza illusoria, ingannevole dell’arte.
Con una dignità meritevole di rispetto ed apprezzamento, di chi accetta la fine del proprio compito e ricerca altre vie per rinascere,il nostro illusionista conserva la propria arte per chi è pronto ad aprire gli occhi del proprio cuore per lasciarsi trasportare in un universo magico, poetico, incantato e fatato, incontaminato dal progresso e dal consumismo, abitato da chi ha bisogno di nutrirsi di musica, di poesia, di cilindri, di ventriloqui, di pagliacci e di giocolieri.

Un’arte incapace di scuotere e di destare curiosità non perché ha perso la sua forza e il suo fascino, ma perché è inserita in contesto che sta cambiando, che corre incontro al progresso e alle leggi del mercato. In una società in cui tutto è acquistabile e vendibile, anche l’arte si trasforma in bene di consumo mortificando chi riconosce nel suo potenziale creativo la possibilità di crescita individuale; e allora capita di essere scrutati da occhi incapaci di guardare all’arte come oggetto di fascinazione e creatrice di un mondo immaginario in cui tutto è possibile.
Illusionisti, clown, ventriloqui e giocolieri rassegnati e disillusi, ma al contempo fiduciosi nella nascita in una comunità di persone che riscoprano il valore dell’arte, guidati dalla forza della loro immaginazione, assetatati ed affamati di candore artistico.

E allora si che bisognerebbe non crescere mai, rimanere increduli e sbalorditi di fronte alla potenza illusoria dell’arte.


Valeria

6 commenti:

  1. Dopo "Appuntamento a Belleville" non vedo l'ora di vedere questo nuovo lavoro... e poi l'accoppiata con Tati...

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  2. Non vedo l'ora di vederlo... "Appuntamento a Belleville" è il lungometraggio animato con i disegni più belli che io abbia mai visto, quindi sono sicura che mi farò rapire anche da questo... perché io a i maghi ci credo eccome!

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  3. L'ho visto ieri... avevo aspettative molto alte ma il film è riuscito a superarle. Credo nell'illusione che l'arte sa creare muovendo fili invisibili dentro di noi senza svelarne il meccanismo... proprio come si tira fuori un coniglio da un cilindro in apparenza vuoto. Una storia lontana all'improvviso diventa la tua, o meglio la storia di tutti... perché contiene quegli elementi universali che alla fine ti fanno piangere senza riscontrarne un immediato motivo.
    La storia di un uomo col suo mestiere diventa il ritratto per eccellenza della solitudine che ci prende tutti... in un mondo spietato che corre avanti nonostante tutto, nonostante il dolore. Quelle piccole storie, quei piccoli cuori che si spezzano diventano solo un puntino quando la visione di Chomet si alza a guardare dal cielo una città sconfinata, fatta di minuscole persone e case a perdita d'occhio. Sono questi piccoli dettagli che fanno di questo lungometraggio di animazione un vero capolavoro... come la folata di vento che entra nella stanza abbandonata dall'Illusionista a creare misteriose ombre sulla parete...
    Mi ha sempre incuriosito il "dietro le quinte", la faccia che fa l'attore prima di salire sul palco o quando ne è immediatamente fuori... e Chomet la disegna benissimo quella faccia, disegnando nella stessa inquadratura le luci sfavillanti della scena e il verdastro squallore di camerini poveri, consunti, dove la verità non ha bisogno di presentazioni e non ha sipario, ma è sempre lì alla portata di tutti.
    La tristezza di cui è impregnato questo film arriva da lontano... passando anche per quel preciso momento in cui l'arte diventa serva del consumismo, ... per arrivare ad un livello così intimo da parlare a tutti. L'illusionista è la storia dell'inadeguatezza che siamo condannati a provare, della distanza che ci separa gli uni dagli altri... della tristezza di essere piccoli in un universo enorme di strade che si incontrano e poi si separano in modo altrettanto naturale e spietato.
    Sul finale di un treno che corre ma non si sa dove va, ho ripensato ad una canzone di Guccini che ho incisa sul cuore...
    <>

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  4. E pensavo dondolato dal vagone "cara amica il tempo prende il tempo dà...
    noi corriamo sempre in una direzione, ma qual sia e che senso abbia chi lo sa...
    restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento,
    le luci nel buio di case intraviste da un treno:
    siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno..."

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  5. Da quanto tempo non si riusciva a usare il termine capolavoro dopo avere visto un film... L'illusionista è un gioiello che riesce a regalarti così tante emozioni da richiedere del tempo prima di riuscire a decodificarle interamente... ho capito in cosa consisteva quella piccola assenza che guardando (e apprezzando) i film di Jacques Tati notavo... era l'animazione, era la musica che Sylvain Chomet aggiunge a una storia bellissima.

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