martedì 17 gennaio 2012

Clint Eastwood - Hereafter


Ieri sera mi sono lasciata tentare da Hereafter… anzi, a dire il vero Sergio mi ci ha tirato dentro con l’inganno! Comunque, vedo così pochi film ultimamente che mi sembrerebbe un’occasione sprecata non parlarne con voi… Non è vero! Non voglio dire bugie, perché è proprio per il suo naso da pinocchio che Clint mi fa antipatia. La verità è che il film non mi è piaciuto affatto e quindi l’Anton Ego che c’è in me scalpita per uscire…
L’interrogativo di partenza è quello più antico e più attuale del mondo: “Esiste una vita dopo la morte?”. Tre storie parallele si dipanano da questo unico nodo iniziale: una giornalista vive un’esperienza di pre-morte, un bambino perde il suo fratello gemello in un incidente, un sensitivo avverte il peso di una vita popolata da ombre dell’aldilà. Non c’è bisogno che vi dica che queste tre storie diventeranno una prima della fine del film e che la giornalista si azziterà (si accoppierà per i non indigeni…) col sensitivo, quello che va detto invece è che tutto ciò avviene in un modo talmente forzato da essere irritante. Sono irritante anch’io, lo so… ma mi aspetto di più da un colosso così elogiato dalla critica… questo compito in classe di sceneggiatura è freddo, nonostante i trucchetti e le musiche di sottofondo strappalacrime. La morte non è già orrenda di suo? E allora perché la musichetta? La vita, la morte, l’esistenza umana… è tutto così complesso e inafferrabile! E allora perché i personaggi sono banalizzati in questo modo insopportabile? Il sensitivo è fragile, è triste perché si sente prigioniero dei dolori altrui, si sente perseguitato da morti che non lo riguardano… chi gli mettiamo vicino a dargli fastidio? Un fratello insensibile e cialtrone col gusto degli affari che vuole fare di lui il nuovo padre Pio. La giornalista è una donna forte, in carriera, che va dritta dritta verso la vetta del successo… cosa mai le capiterà? L’esperienza con la morte le farà perdere il lavoro e rivedere i suoi valori… e cosa fa quel birbante del suo uomo? Sì, sì, avete indovinato, la tradisce con la stangona che le ha rubato il posto di lavoro. La musichetta incalza. La storia è scritta con una bella calligrafia, ma non mi arriva niente.
Mi piace pensare che “l’arte” cominci quando questi trucchetti diventano invisibili, quando lo spettatore si commuove senza sapere perché, quando è catturato al centro della storia senza frecce luminose o cartelli che indicano “da dove si deve passare”.
Caro Clint, preferivo il whisky e le pallottole.
Gabri

3 commenti:

  1. ha fatto la stessa con Invictus....mieloso e forzato da vomitare!
    E così mi sono sfogata anche io! ;)

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  2. A me Clint piace... Hereafter non è il suo film migliore (nessun paragone con Bird, Gli spietati, Mystic river o Gran Torino...). Gli ultimi cinque minuti sono dannosi e rovinano proprio nel momento più delicato una storia che poteva avere altre conclusioni. Detto questo ritengo Eastwood uno dei pochissimi registi del grande impero hollywoodiano che abbiano qualcosa di importante da dire. Con i pregi e i difetti del grande cinema industriale ma con uno sguardo morale di fondo che pochissimi possiedono.

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