Andando alla ricerca dei titoli della studio Ghibli
usciti nel corso del tempo (arrivati in
Italia soltanto negli ultimi anni sulla scorta del nome tutelare di papà Hayao Miyazaki), mi sono imbattuto
sul bellissimo “I sospiri del mio cuore”
di Yoshifumi Kondō (sceneggiato dallo stesso Miyazaki). Kondō è stato uno dei
primi collaboratori di Miyazaki alla Ghibli e soltanto una morte prematura lo
ha privato dall’essere, assieme a Miyazaki, uno dei nomi più importanti dell’animazione
giapponese.
Il film, girato nel 1995, è arrivato in Italia soltanto
nel 2011; come spesso accade per l’animazione giapponese, la storia è tratta da
un manga, Sussuri del cuore di Aoi
Hiiragi. Attraverso le prime esperienze di vita di Shizuku, giovane studentessa
di una cittadina giapponese, si entra in un racconto di formazione che,
limitandosi alla sinossi, sembrerebbe non avere nulla di straordinario. Una
ragazzina alle prese con la scuola, la famiglia, il primo amore dapprima
soltanto ideale e poi impersonato da un giovane ragazzo che sogna di fare il
liutaio e di cui si innamora perché scopre che in biblioteca ha letto gli
stessi libri che lei ama. Ingredienti normali per un film che tuttavia diventa pian
piano eccezionale nella sua capacità di farti calare in una dimensione magica,
sospesa tra i sogni di Shizuku e la quotidianità di una vita che sembra non
avere nulla di straordinario fino a quando non decidi di affrontarla con tutta
la tua forza. Ed ecco che la voglia di raggiungere gli obiettivi da un senso al
mondo attorno e ti fa compenetrare nei sogni degli altri riuscendoti a dare
quel senso di unione con la natura e con gli uomini che è uno dei segni
distintivi dei film usciti dalla penna di Miyazaki. Riflettevo sul perché lo
stesso soggetto avrebbe dato vita in occidente a una storia piena di prove eccezionali
da superare, di traumi da affrontare come se i primi sospiri del cuore di un essere umano non siano già un
evento eccezionale. Il film di Kondō ci insegna che è proprio la vita ad essere
eccezionale non perché debba per forza succedere qualcosa di straordinario ma perché
siamo noi a darle questo valore in ogni gesto che compiamo.
Finisce il film e ritrovo ancora un volta quel senso di
benessere che solo i film della studio Ghibli riescono a darmi, fischietto la
vecchia canzone di John Denver Take me
home, country roads che la piccola Shizuku tenta di adattare in giapponese
e aspetto il momento in cui potrò fare un viaggio a Tokyo per entrare alla
studio Ghibli e tuffarmi dentro le loro magnifiche storie tenendo per mano i
miei sogni.
Sergio
Buona visione, se volete...
Nessun commento:
Posta un commento