giovedì 31 ottobre 2013

Piccole storie di cinema (1)


Piccole storie di cinema  -     Nella Russia d’inizio Novecento
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Lo studio della storia del cinema offre spesso degli aneddoti che riescono ad aiutarci molto nello studio critico di una determinata cinematografia. La maggior parte di noi è abituata ad associare alle origini del cinema russo i nomi di autori grandiosi come Dziga Vertov o Sergej Ejzenstein ma i grandi maestri del cinema sovietico iniziarono la loro carriera quando il cinema era comparso già da quasi vent’anni.
Quando iniziai a studiare le origini del cinema russo pensavo di imbattermi, al pari di altri paesi europei, a timidi e progressivi approcci all’arte cinematografica che, partendo da basi documentaristiche (sullo stile dei fratelli Lumière) si avvicinasse gradualmente a piccole storie di finzione. La sorpresa fu naturalmente grande nello scoprire che il primo film russo, datato 1907, è il Boris Godunov di Aleksandr Drankov riduzione di uno dei testi più importanti della letteratura russa, l’omonimo libro di Puškin. Quando i Lumière, una decina d’anni prima, iniziarono piazzando una macchina da presa fissa su un binario della stazione in arrivo del treno, ecco che i russi si misuravano da subito con uno dei testi più importanti della letteratura. Questa notizia, di per sé curiosa, diventa l’antefatto di aneddoti veramente divertenti sulle origini di quel cinema e sulle manie di grandezza che animavano i primi cineasti prerivoluzionari. Pensare di adattare un testo come quello di Puškin senza avere ancora una buona esperienza tecnica né un’adeguata preparazione al nuovo linguaggio cinematografico trasformò la realizzazione del film in una sequenza di eventi degni di una comica. La mancanza di luce artificiale costringeva la troupe a spostarsi continuamente per seguire la luce del sole e non si faceva in tempo a terminare di posizionare tutto che si doveva ricominciare dall’inizio. L’utilizzo dei fondali teatrali per le scene di interno dovevano poi fare i conti con la naturale mancanza del soffitto e l’incapacità dell’operatore di manovrare bene la macchina da presa lo costringeva a girare sempre in campo medio per non fare notare l’assenza del tetto… le manie di grandezza di Drankov si misuravano anche nella sua volontà di girare ardite scene di massa senza prima comprendere bene come utilizzare l’ottica della macchina da presa, ecco quindi esilaranti scene in cui il dramma simulato degli attori sul lato sinistro della scena cozzava con la figura dello scenografo sul lato destro che dava istruzioni per i movimenti. Che dire poi della pretesa di essere i primi a fare dei lunghi piani sequenza quando la durata di un rullo era minore della durata della scena? Ecco allora che gli attori erano costretti a rimanere immobili per parecchi minuti per dare modo all’operatore di cambiare rullo e ricominciare a girare esattamente dal punto in cui aveva dovuto staccare! A partire da quel primo film il cinema russo nei primi anni è pieno di incongruenze significative ma anche di colpi di genio assoluti come quello di una compagnia teatrale che avendo deciso di andare in tournée con un film invece che con un’opera teatrale, decise di inventare per prima il cinema sonoro: gli attori si piazzavano al buio dietro lo schermo (non visti dagli spettatori) e, mentre l’azione andava avanti, loro interpretavano le battute dei personaggi…
Ma il mio stupore più grande fu quando scoprì che la produzione russa del primo decennio aveva spesso due film dallo stesso titolo, uno per il mercato interno russo ed uno per l’esportazione negli altri paesi europei. La differenza era data dal finale del film. Il pubblico russo (molto affezionato al melodramma ottocentesco) mal sopportava i finali a lieto fine che invece il resto del mondo gradiva e rimaneva affascinato dall’opera soltanto se alla fine i protagonisti incontravano la morte. Allora i registi si inventavano il doppio finale, mentre nei film per il mercato estero i protagonisti andavano incontro al lieto fine, per la produzione interna si andava sempre a morte certa. Questo mi ha fatto sicuramente comprendere meglio una vecchia amica di famiglia che, tutte le volte che usciva dal cinema mi faceva capire la bellezza del film dal numero di lacrime versate. Più il film era bello più doveva essere triste, la malinconica anima slava influenzava delle volte pure noi.

Quanto divertimento nello studiare quel cinema dalle origini e quanta comprensione per quel critico che ebbe a dire una volta a proposito di quella cinematografia “i russi, come al solito, per costruire una casa partono dal soffitto…

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