martedì 3 aprile 2012
Offside - Jafar Panahi
Fa rabbia e amarezza sapere che un regista come Jafar Panahi non potrà più regalarci(almeno per i prossimi 20 anni) gioielli preziosi e inimitabili come il suo Offside; lo sguardo, l'attenzione e il rispetto con i quali raffigura le figure femminili, in un paese che rigetta e oltraggia con ogni mezzo a disposizione il cosiddetto "gentil sesso", sono modelli da emulare e conservare gelosamente. La pellicola di Panahi non ha niente a che vedere con il "sesso debole" che l'Iran vorrebbe plasmare e inibire quotidianamente, ma dipinge con cura donne risolute e tenaci; in primo luogo essere umani, e non oggetti vuoti e incosistenti riposti nelle mani di mezzi uomini e signori del potere. Panahi riempie meticolosamente l'animo femminile di mille sfaccettature e ridona alle donne la dignità e il rispetto perduto.
In Offside le donne diventano agguerrite e appassionate tifose di calcio, pronte a difendere con forza e perseveranza il loro diritto all'uguaglianza, così come il diritto di guardare una semplice partita di pallone, di urlare, di tifare e di sedere accanto a quegli uomini venerati e adulati da una società misogena e maschilista. Donne che sembrano uomini e uomini che sembrano donne; sta lì la filosofia di Panahi, nel rovesciare perfettamente i ruoli imposti dai piani alti e nel deridere quei progetti di sottomissione. La celebrazione dell'uguaglianza, quì senza retorica e furberie varie, è presentata attraverso un sorriso che nasconde(poco, a dire la verità) il dito puntato alle autorità governative e religiose, nonchè ai caproni che seguono letteralmente i dogmi degli esponenti al potere, colpevoli di uccidere e deridere la dignità femminile.
Un'esplosione di gioia e divertimento che è tutta dedicata alle donne, oltre che ai 7 iraniani morti durante la partita Iran-Giappone del 2005, in cui le donne sono le uniche mattatrici e le principali protagoniste; da quì la sparizione del burqa e strumenti analoghi a favore di donne determinate e indipendenti. Il sottotesto(anche se ben visibile) è semplice e diretto: l'autonomia e la libertà che spetta a ogni uomo non deve essere condizionata dalle differenze sessuali.
Sì, potrà apparire banale, ma dopo anni di lotte e battaglie la situazione è addirittura peggiorata.
E poichè sono una donna, sicuramente più fortunata di chi invece è costretta a vivere all'ombra di un "padrone" meschino e irrispettoso, l'amore e il rispetto che Panahi dona al'universo femminile non può assolutamente lasciarmi indifferente; il regista iraniano riscopre la solidarietà femminile, spesso dimenticata e calpestata, e ci rende tutte più vicine. Potrà sembrare un moderno femminismo, ma fortunatamente non è così: è una semplice lotta a favore della dignità umana, che poi Panahi si "serva" delle donne per proteggerla e celebrarla è un semplice espediente, seppur calzante e significativo. La sua è una lotta per l'uomo e con l'uomo. Quella che anche lui combatte personalmente giorno dopo giorno contro le autorità islamiche. E allora il regista iraniano ci ricorda che siamo tutti un pò Panahi.
Esistono particolari, dettagli che innascano una provocazione da cui nasce un ragionamento e - per me- un film. (J. Panahi)
Trailer
Valeria
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