giovedì 6 ottobre 2011

Pavel Lungin - Luna Park


Ci sono film che potrei vedere e rivedere milioni di volte sapendo che non mi stancheranno mai. Offrono sempre la gradevole sensazione della prima visione.
Dopo essersi conquistato meritevolmente la fama internazionale con Taxi Blues (sua opera prima), premio per la miglior regia a Cannes, il secondo lavoro è senza dubbio all'altezza delle aspettative di pubblico e critica.
La maestria con cui il regista riesce a far convivere una violenza estrema con una pura tenerezza è incredibile.
La storia è quella di un giovane neofascista russo (probabilmente la categoria di uomini peggiori al mondo) che scopre di avere origini ebree. Riuscito a scovare il padre, tenterà di avvicinarsi a lui.
Il padre è un musicista scapestrato amante dell'arte e intriso di ideali di libertà (un po' l'incarnazione del carattere anti-sovietico). Il confronto tra i due darà vita all'intreccio del film, che si evolverà in maniera sempre più deliziosa, per concludersi in uno dei finali più belli e poetici che abbia mai visto.
Guardando non solo l'intreccio tra i personaggi, motore della storia, il film è una denuncia profonda degli avvenimenti contemporanei di quella confusione sociale che ha sconvolto la Russia dei primi anni Novanta.
Lungin riempie la storia di piccoli dettagli, apparentemente secondari, che descrivono con estrema veridicità le condizioni di fame e di disagio che viveva il popolo.
Un film ricco, sotto ogni aspetto. Assolutamente da vedere.

Sconsiglio la versione doppiata, raccomando la versione originale sottotitolata (il doppiaggio italiano di quest'opera è particolarmente scadente)

Robin

1 commento:

  1. Il doppiaggio italiano è molto buono, non capisco perchè lo si contesti.

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