E' strano che in un blog dove si parla di cinema ancora non sia stato fatto il nome di Kubrick nemmeno una volta. Devo dire che ho molta difficoltà a scrivere di un autore così conosciuto e importante, di cui è stato detto già tanto.
E' stato il primo autore a cui mi sono avvicinato da quando ho cominciato a guardare il cinema come qualcosa in più di un semplice passatempo ed è, pertanto, anche uno di quelli che sento più cari. E' anche uno di quei pochi registi di cui sono riuscito a vedere la filmografia completa.
Adoro rivedere i suoi film.
Rivedendo Barry Lyndon ho pensato per un attimo che fosse in assoluto la sua opera migliore, poi mi sono fermato e ho pensato a 2001:Odissea nello Spazio, ad Arancia Meccanica, a Full Metal Jacket, a Dr.Stranamore. Mi sono reso conto che quasi ogni volta che vedo un film di Kubrick penso “è il suo miglior film”. Perchè abbia sentito il bisogno di dare una coccarda a qualche suo titolo non lo so, ho però subito realizzato la mancanza di senso di questo gesto, in quanto ogni suo film è fin troppo speciale e inclassificabile (e per questo bellissimo).
Il film, nella sua visione d'insieme, è talmente perfetto che quasi mi sembra un sacrilegio tentare di scomporlo per analizzarlo punto per punto (o quantomeno per provarci).
Kubrick possedeva un perfezionismo che sconfinava in quella che potremmo tranquillamente definire ossessione. Una volta mi capitò di leggere, non ricordo più dove, che per girare la scena di Nicole Kidman che ride in Eyes Wide Shut, Kubrick volle girare ben 177 ciak prima di considerare buono il risultato e che per la scena del blocca-palpebre in Arancia Meccanica, costrinse Malcolm McDowell a passare svariate ore con quell'affare agli occhi, un'esigenza che causò all'attore una lesione alla retina.
Tuttavia, queste pignolerie che dovevano pagare le persone che avevano la fortuna/sfortuna di lavorare con lui erano ricompensate egregiamente dal risultato finale (anche se, effettivamente, con gli occhi di Malcolm McDowell ha esagerato un pelino)
Non conosco aneddoti particolari sulle riprese di Barry Lyndon, ma immagino benissimo Stanley che tiene ferme le riprese, rimanendo a pensare ore e ore, e perchè no, anche giorni, su luce, composizione e taglio di un'inquadratura da mezzo secondo.
La fotografia fu proprio uno degli aspetti che Kubrick curò di più; nota a molti fu la sua scelta, per questo film, di usare una luce completamente naturale, aiutandosi con candele come “illuminazione artificiale” e usando delle particolari lenti per gli obiettivi, originariamente studiate dalla Zeiss per i telescopi spaziali della NASA.
Il risultato fu a dir poco strabiliante.
Se devo immaginarmi un paradiso, di certo me lo immagino come i paesaggi di Barry Lyndon.
Tanto quanto sul lato fotografico, Kubrick era preparato sul fronte musicale. Non mi viene in mente nessuno, al momento, che condivida il suo stesso talento nel trovare musiche da accostare alle immagini. Volendo citare gli altri suoi film, io davvero non riesco più a separare nella mia mente il Così parlò Zarathustra di Strauss da 2001:Odissea nello Spazio, così come non riesco a sentire la Gazza Ladra o il Guglielmo Tell di Rossini senza pensare immediatamente ad Arancia Meccanica.
Anche in Barry Lyndon la scelta delle musiche è sopraffina: oltre alla conosciutissima Sarabanda di Haendel, la cui fama odierna è dovuta in larga parte a questo film, il meraviglioso Trio n°2 di Schubert accompagna una buona parte del film, e insieme alle altre musiche forma una base d'accompagnamento sulla quale si svilupperà la storia. Pochi sono i momenti in cui la musica è assente.
La trama mostra allo spettatore tutta la vita di Redmond Barry, dal suo primo amore alla sua morte. Quasi sento sbagliato il termine “spettatore” tanto è alto il livello di coinvolgimento che riesce a dare Kubrick. Alla fine del film sembra d'aver davvero camminato e cavalcato per i paesaggi dell'Irlanda, della Prussia e dell'Inghilterra, d'aver vissuto fianco a fianco a Redmond per tutta la sua vita e di aver provato e sofferto tutto insieme a lui. Ci si sente quasi stanchi.
Far vivere una vita intera in poche ore serbandone comunque tutte le emozioni, senza trascurare nulla, far conoscere i personaggi così a fondo da dare la sensazione di averli conosciuti di persona, far vivere nelle sue peculiarità un'epoca così lontana: una sfida all'altezza solo di pochi Kubrick.
Condivido, al posto del consueto trailer, una delle mie scene preferite, una delle più poetiche, in cui il tocco di un maestro è evidente più del solito.
Robin
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